Vermut: storia di un mito

1786: in America moriva Abraham Lincoln, in Germania Friedrich Schiller componeva l’Inno alla gioia successivamente musicato da Beethoven, nel frattempo Mozart dava il via alla prima rappresentazione delle Nozze di Figaro e Jacques Balmat assieme a Michel Gabriel Paccard intraprendevano la prima ascensione al Monte Bianco. Sempre nello stesso anno, a Torino, Antonio Benedetto Carpano si rese artefice di una gloriosa invenzione capace di rivoluzionare gli aperitivi di mezzo mondo: il Vermut.

Vermut o Vermouth?

Il nome deriva dall’adattamento della parola tedesca Wermut (con la quale veniva identificato l’assenzio) in Vermut. Successivamente, i francesi, si apprestarono a “battezzare” la bevanda con un nome a loro più affine: Vermout. L’aggiunta dell'”h” dopo la “t” avvenne per motivi commerciali: il nome Vermouth era più nelle corde del mercato inglese. Il prodotto è comunque italiano e, per rendere giustizia al suo inventore, andrebbe chiamato semplicemente Vermut. Senza aggiunte di sorta.

Che cos’è il Vermut?

Il vermut è un vino aromatizzato. La base di partenza originale era il vino moscato proveniente da Canelli, motivo per cui, oltre ai celebri produttori torinesi (Carpano, Martini e Rossi, Cinzano…) si affacciarono sul mercato svariati produttori canellesi (Gancia, Contratto, Bosca, Cora…). Il vino, di norma, deve rappresentare almeno il 75% del prodotto al quale vengono aggiunti alcool etilico a 95°, zucchero, erbe e spezie.
Anche se la ricetta di ogni casa produttrice era diversa (e rigorosamente segreta), un’erba non poteva mai mancare: l’artemisia (alla base dell’assenzio). Proprio per questo motivo Carpano decise di “ispirarsi” alla parola Wermut. L’estratto di erbe chiamato “concia” era ottenuto mediante due procedimenti alternativi:

  • macerazione a freddo delle erbe e spezie in alcool
  • infusione delle erbe e spezie in alcool e vino a caldo

L’artemisia è solo una delle componenti “botaniche” del Vermut. La lista delle possibili erbe e spezie comprende: achillea, angelica, scorze di arancia amara, badiana, calamo aromatico, camedrio, cannella, cardamomo, cardo santo, cassia, centaurea minore, cerea, china, chiodi di garofano, coriandolo, dittamo, enula, fave tonka, fiori di lavanda, fiori di rosa, galanga, genziana, gomma dragante, gomma elemi, iride fiorentina, issopo, legno di quassio, lingua cervina, maggiorana, mandorle di pesca, marrobbio, noce moscata, polmonaria, rabarbaro, salvia, sambuco, seme santo, tanaceto, timo, vaniglia, veronica, zafferano, zedoaria e zenzero.

L’ascesa, lo stallo e la riconferma

La rivoluzione iniziata da Carpano era evidente. Il Re Vittorio Amedeo III fece sospendere la produzione a corte di Rosolio in favore del Vermut mentre la liquoreria di Piazza Castello a Torino (dove lavorava Antonio Benedetto Carpano) veniva presa d’assalto dai torinesi. Negli anni seguenti la pubblicità del Vermut veniva affidata ai migliori grafici e disegnatori, in grado di produrre locandine ritenute iconiche. Le vendite negli Stati Uniti, grazie a cocktail a base di Vermouth come il Manhattan (5 cl di Rye o Whiskey canadese, 2 cl di Vermut rosso e una goccia di Angostura), hanno permesso al vino aromatizzato torinese di ottenere ottimi risultati. Purtroppo l’ingente richiesta di Vermut ha permesso solo ad aziende di notevole struttura di affermarsi sul mercato, riducendo di conseguenza l’offerta a prodotti di buona qualità dal gusto comunque piuttosto uniformato. Da qualche anno il Vermut sta tornando alle luci della ribalta grazie a giovani imprenditori o piccole case produttrici che hanno la volontà di proporre un prodotto rivolto a consumatori più attenti (e talvolta più facoltosi). Stiamo assistendo a una “seconda giovinezza” di questo prodotto straordinario: approfittiamone!

Varianti sul tema: il Punt e Mes

Si narra che il 19 aprile 1870  un agente di borsa, discutendo dell’aumento di alcuni titoli di ben un punto e mezzo nella bottega Carpano, chiese un aperitivo composto da una parte (un punto) di Vermut e mezza parte (mezzo punto) di China (decisamente più amara del Vermut). Da qui nasce l’espressione dialettale “Punt e Mes” letteralmente traducibile in “un punto e mezzo”. Questa dovrebbe essere la storia di una delle più celebri varianti del Vermut.

Quando l’ora dell’aperitivo si avvicina e vogliamo un’alternativa al bicchiere di vino possiamo perderci nella marea di cocktail che hanno come base (o come componente) il Vermut oppure optare per un Vermut liscio o magari con un cubetto di ghiaccio. Molti medici e nutrizionisti ritengono la colazione uno dei pasti più importanti della giornata. Sfortunatamente si tratta anche di uno dei pochi pasti dove (per buon senso, ove possibile) non si consuma vino. Io sto con l’aperitivo. Io sto con il Vermut.

 

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Alberto Bracco

WSET 3 in Wine & Spirits, Sommelier FISAR, assaggiatore ONAV , autore per Versanti Mag e bevitore seriale. Nel mondo del vino per lavoro, passione e anche un po' per caso. Seguimi su Instagram o scrivimi una mail

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