Je vois la vie en rosé

Bevendo e scherzando, tra pochi mesi dovremo di nuovo combattere con la calura estiva. E via! Tutti alla ricerca di qualcosa di fresco e beverino, ancora meglio se ci fa sentire già con un piede in vacanza. Ma anche Pasquetta – che quest’anno è dietro l’angolo – non è una cattiva occasione per abbandonarsi a vini più immediati e ‘ruffiani’. Purché regali emozioni, per noi ogni vino è il benvenuto! Dal colore agli aromi, però, la parola d’ordine durante i mesi più caldi è: rosé.

Manco a dirlo, anche questa categoria nasconde mille insidie: sono molti i produttori a tentare la via del rosato per completare la loro offerta, per venire incontro alle esigenze di un particolare mercato/cliente o semplicemente per cercare di dirottare volumi che probabilmente, in forma diversa, resterebbero invenduti. Ecco quindi che ci si inventa cerasuoli e chiaretti da varietà di uve e in aree di produzione che tradizionalmente hanno poco a che vedere con i rosati. Non per questo bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Molto meglio è testare con mano cosa offre il mercato e vedrete che non mancheranno i vini che, pur essendo partiti da un semplice esperimento, sapranno stupirvi per la loro originalità.

Ecco qualche info di base per vedere la vita più ‘en rosé’.

Anche l’occhio vuole la sua parte

State pensando a Natalie Portman nello spot di Miss Dior, vero? Beh, sarà difficile trovare così tanto in una bottiglia, ma è innegabile che un rosé abbia un grande vantaggio nell’attirare l’attenzione del potenziale bevitore: il colore. È una vera gara alla sfumatura più intrigante. I termini tecnici scelti per indicare il colore dei rosé sono tanto numerosi quanto poco chiari, perché ancora più soggettivi delle tonalità di riferimento utilizzate per i vini rossi e bianchi. In mancanza di conoscenze più approfondite su un vino, si finisce per scegliere, come di fronte a un grande guardaroba, la tonalità più in sintonia con il proprio esprit. Scherzi a parte, il lato estetico del rosé è uno dei suoi punti di forza, tanto che il Centro di ricerca e sperimentazione sul vino rosé di Vidauban insieme al Conseil Interprofessionnel des Vins de Provence, ha creato un campionario dall’aspetto molto ‘cosmetico’ e dall’intento pedagogico, che riunisce le 6 principali tonalità dei vini rosati della Provenza (patria del rosé in tutti i sensi). Sul sito Vin de Provence potete anche votare il vostro preferito.

Facile a dirsi, ma non a farsi

Tranne rarissime eccezioni, la polpa dell’uva è incolore, per cui la tonalità di un vino è determinata essenzialmente da tre fattori: la varietà utilizzata, il contatto o meno tra il succo e le bucce e, nel primo caso, la durata di tale contatto. Se il mostro viene separato dalle parti solide subito dopo la pigiatura, la vinificazione è detta ‘in bianco’, mentre se resta a macerare sulle bucce è detta ‘in rosso’, indipendentemente dal colore dell’uva di partenza e del vino finale. I modi per ottenere un vino rosato sono quattro, ma sarebbe errato dire che il colore è l’unico metro di riferimento. Non si vinifica soltanto in funzione del colore e la tonalità ottenuta non dipende esclusivamente dalla tecnica utilizzata. Come per tutti i vini, le variabili da considerare sono molte: varietà, terroir, annata, grado di maturità delle uve, tecnica di vinificazione, assemblaggio e così via. Premessa finita, ecco le varie modalità che permettono di ottenere un vino rosato:

  • pressatura diretta: si vinifica ‘in bianco’, separando subito le parti solide dal mosto prima dell’inizio della fermentazione. Il colore così ottenuto dalle bucce è scarso e occorre fare attenzione ai tannini estratti in contemporanea. È il metodo che dà origine ai rosé di colore più tenue, detti anche vins gris.

  • macerazione breve: si vinifica ‘in rosso’, ma ritardando l’inizio della fermentazione (solfitazione, basse temperature) e lasciando le bucce a contatto con il mosto per 6-48 ore; una volta raggiunto il risultato voluto, si procede a separarle dal mosto – che viene poi fatto fermentare sempre a bassa temperatura per preservare il più possibile gli aromi.

  • saigné o salasso: essenzialmente, è lo stesso processo del punto precedente, con la differenza che soltanto una parte del mosto viene rimossa per creare un rosato (che in un certo senso è un prodotto secondario), mentre il resto rimane a macerare e verrà utilizzato per produrre un vino rosso, che risulterà più ‘concentrato”.

  • assemblaggio: la creazione di vini rosati mescolando un vino rosso e un vino bianco è vietata nella maggior parte dell’UE, tranne che nel caso degli Champagne e di altri vini spumanti rosati (Franciacorta). Niente di illegale e, anzi, pratica assai diffusa è l’assemblaggio di mosti bianchi e rossi, in quanto se la presenza di varietà a bacca nera nell’uvaggio è indispensabile ai fini dell’estrazione del colore, nulla vieta di utilizzare anche varietà di uve a bacca bianca, più importanti a livello organolettico

Rosé

Uve e dintorni

Se è scontato che per produrre un rosato si ricorra soprattutto a varietà a bacca rossa, non si può pensare che tutte diano lo stesso risultato. La capacità colorante dell’uva è uno dei fattori da tenere in considerazione e in base al quale misurare il tempo di permanenza delle bucce a contatto con il mosto. Per i vins gris, ad esempio, si usano spesso Cinsaut e Gamay in Francia e il Pinot Noir negli Stati Uniti (blush wines, come il White Zinfandel). Colori più carichi si ottengono invece dalle varietà Grenache, Mourvèdre Tempranillo. In Italia, si spazia dai rosati toscani a base Sangiovese al Bardolino Chiaretto, dagli spumanti Petit rouge valdostani al Cerasuolo di Vittoria – ogni regione ha qualcosa di interessante da proporre. Generalmente, le uve più adatte alla produzione di vini rosati hanno un’acidità più marcata e una carica colorante minore rispetto a quelle utilizzate per la produzione di vini rossi.

Per la fermentazione si scelgono contenitori inerti (acciaio o cemento) che consentono di preservare la freschezza e la purezza degli aromi, caratteristica distintiva di questo stile di vino. Sempre per lo stesso motivo, oltre che per il basso contenuto di polifenoli, generalmente i rosati non sono vini da affinamento ma è meglio consumarli entro uno, al massimo due anni. Con il tempo, è normale che il colore tenda ad assumere sfumature aranciate. Attenzione anche a un altro pericolo: la luce. Spesso, proprio per mettere in risalto la brillantezza e il fascino delle tonalità dei rosé, si utilizzano bottiglie di vetro bianco o comunque chiaro. Più ancora degli altri vini, quindi, proteggeteli da ogni fonte luminosa o potreste provare il brivido del cosiddetto goût de lumière: molti studi hanno dimostrato che i raggi UV provocano la degradazione di alcune sostanze normalmente presenti nel vino (in particolare la metionina, un amminoacido solforato), la cui fotoriduzione dà origine a prodotti solforati che conferiscono al vino un odore simile al sentore di ‘ridotto’ (gomma, cipolla, aglio, cavolo cotto, zolfo).

La storia e la tavola

I vini rosati sono probabilmente tra i primi mai ottenuti dall’uomo: il vino non è nato limpido e cristallino, né come risultato voluto di un processo consapevole. Tutto è iniziato per caso e quindi è facile che molti dei primi vini ottenuti siano stati proprio di colore rosato. Anche i primi Bordeaux non erano dei veri e propri rossi, tanto è vero che gli Inglesi ancora oggi li chiamano claret. La patria dei rosati è la Provenza e, più in generale, la parte meridionale della Francia: qui i rosé fanno la loro comparsa ai tempi dei Greci, che portarono con la vite dando inizio alla tradizione vitivinicola. Per varie ragioni, non da ultime la conformazione del territorio e la vocazione turistica della regione, con il tempo i rosé sono diventati il simbolo della produzione enologica del Midi.

Oggi rappresentano l’88% della produzione totale della Provenza, il 35% di quella dei rosati a livello nazionale e il 5,6% del venduto di rosé a livello mondiale – parliamo di circa 141 milioni di bottiglie ogni anno. Per maggiori informazioni sulle performance dei rosati francesi nel mondo, fate clic qui.

Ovviamente, al secondo posto nella classifica dei produttori, c’è l’Italia, seguita da Stati Uniti e Spagna. I rosati prodotti oggi nel mondo sono davvero tanti, e dove manca la tradizione si ricorre all’originalità. D’altronde, il rosé è un vino nato per essere leggero, semplice ma non semplicistico, interessante ma scacciapensieri, versatile a tavola e ideale per un bicchiere lontano dai pasti. Si abbina con innumerevoli pietanze, prestandosi anche ad accostamenti insoliti e sperimentali, come la cucina asiatica. Eleganza e ricchezza di aromi accompagnati da freschezza e mineralità – un risultato per niente scontato e che non lascia nulla al caso.

Vi salutiamo con qualche suggerimento da bere, leggere e visitare.

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Elisa Pesce

Esperto assaggiatore ONAV, assaggiatore ONAF, WSET Advanced in Wines & Spirits nonché tecnico di marketing per l'enoturismo. Dato che la vita è una sola, preferisco sia il più incasinata possibile: il vino è l'unico modo per mantenere l'equilibrio. Vistita il mio Blog o scrivimi una mail

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