Live Wine: vini “artigianali” si o no? Per me è ni!

La premessa è doverosa: non sono particolarmente addentro alle questioni dei vini artigianali/naturali/biologici/biodinamici etc… La maggior parte di quelli che bevo e assaggio abitualmente sono da agricoltura “convenzionale”. Non ho particolari preconcetti: un vino per me deve essere semplicemente “buono” da un punto di vista organolettico e, se viene ottenuto nel rispetto dell’ambiente e del terreno, tanto meglio. Mi sono voluto addentrare nel regno dei vini diversi da quelli che bevo di solito con curiosità ma anche con qualche perplessità. Mi sono recato a Live Wine (il salone dei vini artigianali) lunedì e speravo di avvantaggiarmi facendo un giro su internet (Facebook & co.) per farmi un’idea su quali produttori concentrarmi principalmente leggendo i commenti dei visitatori delle giornate di sabato e domenica. Ho trovato pareri contrastanti (cosa normale) che mi hanno un po’ scombussolato. Un utente sosteneva che su 70 (settanta) vini assaggiati non ve ne fosse neanche uno decente. Altri raccomandavano prudenza e spiegavano che sono vini complessi ai quali bisogna avvicinarsi passo passo, essere guidati e, talvolta, concedere molto tempo nel bicchiere. La cosa mi convince poco (o per lo meno parzialmente). Per me se un vino è buono dovrebbe sentirsi subito poi, ok non sentire alcune sfumature apprezzabili dagli assaggiatori più “scafati”, però al gusto deve piacere se no è masochismo. Sul fatto che esistano vini che hanno bisogno di tempo per aprirsi sono d’accordo (ne esistono dai convenzionali ai biodinamici) ma… perché portarli a una fiera? Il rischio di essere poco comprensibili è forte.

Live Wine: vini artigianali?!?

Dato che dal punto di vista legislativo la dicitura “vini artigianali” non esiste, di seguito vi riporto cosa gli organizzatori di Live Wine intendono per artigianale:

  • È prodotto e imbottigliato da chi lo segue personalmente in vigna e in cantina
  • Viene da un vigneto che non è stato trattato con prodotti chimici di sintesi
  • L’uva da cui proviene è stata vendemmiata manualmente
  • Non contiene additivi non indicati in etichetta

Per dirla alla Pirandello “così è (se vi pare)”.

I numeri di Live Wine

Arrivato alla sua quarta edizione, Live Wine ha già dei numeri interessanti al suo attivo:

  • 4.000 visitatori di cui quasi 1000 operatori
  • 300 giornalisti e blogger accreditati
  • 160 cantine (25% estere) e 5 distribuzioni
  • circa 900 vini in assaggio
  • 18 banchi dedicati al cibo

Il gusto è una cosa personale…forse

Il gusto è una cosa personale. Questo è quello che ci diciamo e ci sentiamo dire spesso per giustificare/giustificarci in molte situazioni. Partecipando a corsi, panel di degustazione e concorsi si tende invece a uniformare e quantificare la percezione al gusto in modo da avere dei parametri più oggettivi. Il gusto rimane sempre una questione personale dal punto di vista puramente edonistico (ad esempio io non mangio pesce perché ha qualcosa che mi disturba e non vedo perché dovrei farlo solo perché molti sostengono che sia buono). Ci dovrebbe essere però un’uniformità nella valutazione dei vini che ci permetta di distinguere cosa sia meritevole e cosa non lo sia. Ciò che mi ha urtato, e non poco, è stata l’acidità volatile di alcuni vini che a mio parere era eccessiva e danneggiava tutti gli altri aspetti. Anche quando sono stato invitato a guardare oltre non ce l’ho fatta (limite mio); come chiedere di apprezzare il suono di un flauto in lontananza mentre i Cugini di Campagna intonano l’acuto di Anima Mia dietro le tue spalle. Non è impossibile, ma oggettivamente è piuttosto difficile. Ho trovato in un articolo del Prof. Luigi Moio sul blog di Luciano Pignataro degli spunti piuttosto interessanti. Si tratta solo di un punto di vista che però vale la pena di leggere. L’articolo si intitola: “La puzza del vino non è tipicità ma omologazione”

Tendere al meglio

Il vino non si fa da solo. Mai. Ho dubitato un po’ di una produttrice che mi ha detto:”Io non faccio nulla in cantina, neanche il controllo del freddo come faceva già mio nonno”. Gioia santa, forse quando tuo nonno era in vita il clima era leggermente diverso e forse anche tuo nonno non otteneva dei gran risultati ma queste sono solo mie congetture ovviamente. L’unica cosa per me certa è che il suo vino era poco piacevole. Non si può semplicemente “non fare nulla”. La vite per esempio è una pianta rampicante. Se non si fa nulla questa va e si arrampica dove vuole. Il vino è vivo e delicato: se fai “troppo” lo sterilizzi e lo uccidi se non fai nulla…non sai mai cosa ottieni e raramente i risultati sono apprezzabili. Forse il giusto equilibrio è tendere al meglio cercando di limitare gli interventi invasivi in cantina e nel vigneto senza però pregiudicare il risultato in bottiglia. Alcuni produttori mi hanno stupito per equilibrio tra la loro linea di pensiero e la qualità riscontrata nel bicchiere. Uno su tutti Rivetto di Barolo.

Vini che mi sono decisamente piaciuti

Legret & Fils (Champagne)
Una proposta veramente consistente a partire dallo Champagne “base” fino ad arrivare a Cuvée più complesse. La cantina è nella Côte des Blancs ma non si fa mancare dei Pinot Noir e Meunier di pregio. Il loro Rosé Corollé (rosé d’assemblaggio) coniuga bene potenza e raffinatezza. Strepitoso il Millesime 2008 che inizia largo per poi mostrare una bella verve acida tagliente; finisce equilibrato con piacevoli note iodate.

Château Tour Blanc (Gascogne)
Tutta l’offerta di questa cantina ha qualcosa di affascinante. Dal 2001 due artisti inglesi si trasferiscono in Gascogne per produrre vino. Il risultato è una gamma di vini a base Ugni Blanc ben articolata ma omogenea dove spicca per diversità il loro Vin de Voile 2011: un vino stile Sherry molto fine ma incisivo. Il loro Papillon de Nuit 2010 ha invece delle note che ricordano il Sauternes con una bocca piuttosto secca e piacevole.

Fritz Salomon-Gut Oberstockstall (Austria)
Una famiglia che, oltre a produrre vino, ha integrato nella sua offerta una proposta di ristorazione e di ricettività. Vini molto piacevoli, due su tutti il Riesling Tobel 2014 che inizia ad essere interessante ora ma davanti a sé ha un radioso futuro e l’Orange 2014 che è forse l’orange wine più delicato e piacevole che abbia mai provato. Fiori di pesco e note floreali delicate al naso mentre in bocca mostra il suo nervo deciso con un tannino ben presente, un’acidità viva per finire con una lunghezza notevole.

Rivetto (Piemonte)
Idee chiare, pulizia e precisione nella vinificazione estreme e piacevolezza nel bicchiere. Questi sono i tratti distintivi di Rivetto. L’azienda ha dei progetti interessanti sulla gestione del terreno affiancando alla vite zone dedicate a nocciole e cereali. A Live wine una bella proposta di Barolo, Nebbiolo e Barbera. Il loro Barlo Briccolina 2014 che il proprietario definisce “più femminile” a me, (irsuto e barbuto) è piaciuto veramente molto. Tanta eleganza per un vino complesso con frutta confit, spezie dolci e una notevole lunghezza.

Elio Sandri (Piemonte)
Con un po’ di rammarico il loro commerciale comunica che i Barolo in degustazione sono esauriti e non disponibili alla vendita. Assaggiandoli si capisce il perchè. Il Barolo Perno 2011 è intenso e complesso con piacevoli note di frutti surmaturi e fiori appassiti. Più delicato il Barolo del Comune di Monforte 2012 che si distingue per pulizia, delicatezza e lunghezza.

Château Pascaud Villefranche (Sauternes)
Non solo un grande produttore ma anche un grande uomo. Mi confessa timidamente che una delle annate dei suoi Sauternes non lo ha soddisfatto a pieno e per quello ha deciso di abbassarne il prezzo. Ad essere onesti quell’annata non aveva nulla da invidiare alle altre, se non la mancanza di un po’ di lunghezza. Il 2015, seppur troppo giovane, l’ho trovato veramente strepitoso e ricco (quasi opulento).

Domaine de l’Immortelle (Languedoc-Roussillon)
Un domaine francese al confine con la Spagna. Possiamo trovare Macabeu, Carignan, Syrah, Grenache e soprattutto un fantastico Muscat Petit Grain. Ed è proprio il loro Le P’tit Grain 2017 che mi ha quasi rapito con bellissime note citrine, di bergamotto e di litchi.

Principiano Ferdinando (Piemonte)
Vini rigorosi, precisi, ben calibrati, puliti. Nel bicchiere si percepisce la passione ma anche l’austerità. Il Barolo Boscareto 2011 è un esempio di eleganza e sontuosità: pur avendo una bocca piuttosto delicata stupisce con un finale molto intenso.

Weingut Heinrich (Austria)
Cantina con una proposta veramente consistente. Ottimi sia il Pinot Grigio sia il Blaufränkisch. Mi ha davvero colpito però lo Chardonnay Leithaberg 2015 con un naso che “strizzava l’occhio alla Borgogna” per poi offrire in bocca una sensazione di freschezza incredibile grazie a un’acidità piuttosto affilata.

Recaredo (Catalogna)
Purtroppo la persona allo stand se ne era già andata (lasciando però i vini). Peccato per la mancata chiacchierata e bene per i vini presenti. Notevole il Cava Serral Del Vel 2008 Brut Nature con intriganti note fumé e di idrocarburi. Molto pulito con una piacevole freschezza.

Divella (Lombardia)
Fermentazioni spontanee e dosaggio zero sono la chiave dei vini di Alessandra Divella. Ha presentato due vini: il Blanc de Blancs e il Ninì. Tutti e due veramente piacevoli, pulitissimi e “affilati”. Il Blanc de Blancs giocava più su note fruttate.

Maison Lissner (Alsace)
Un’offerta di vini veramente ampia. Se devo scegliere un vino su tutti quelli proposti vado ad occhi chiusi sul Riesling Rothstein 2016. Fresco e lungo ma dal potenziale enorme seppur parzialmente inespresso. Da tenere qualche anno in cantina.

Bergianti (Emilia-Romagna)
Un Lambrusco capace di mettere in pace con il mondo. Venivo da un veloce break a base di panino con cotechino e cren (una robina leggera insomma). Il Lambrusco Salamino Metodo Classico lavora benissimo da solo ma in abbinamento con cibi grassi è insuperabile: equilibrato, fruttato e gustoso.

Barraco (Sicilia)
L’intento di Nino Barraco è di fare vini riconoscibili e… ha fatto centro! Un Grillo che esce decisamente dal coro soprattutto con il suo Altogrado: un Grillo vinificato con metodo ossidativo che ne fa un “Marsala pre-British” di grandissima finezza ed eleganza.

Emidio Pepe (Abruzzo)
Una cantina che non ha bisogno di presentazioni. Tre vini presentati: un Trebbiano e due Montepulciano d’Abruzzo. A gusto personale il loro Montepulciano d’Abruzzo 2007 mi ha fatto impazzire mentre gli altri due ho tardato un po’ a capirli.

Cose che fatico a capire

EPISODIO 1: un piccolo produttore del bordolese (seppur molto gentile) ha presentato una selezione di vini piuttosto “approssimativi”. Le sue due annate di vino rosso erano totalmente diverse (e fino a qui nessun problema): una con asperità molto marcate e l’altra con un eccesso di aromi boisè (assieme a puzzette varie che affliggevano entrambe i vini). Il motivo? Avevano già le botti impegnate con un’altra cuvée quindi un’annata è stata affinata in botti di legno mentre l’altra… no. Ora, capisco le esigenze economiche e strutturali della piccola cantina ma possibile che non ci sia un “progetto” su quel vino? L’altra raccapricciante creatura di questo produttore era un Semillon a loro dire “in stile Sauternes”. Il mosto si è “rifiutato” di fermentare per un anno e , alla vendemmia successiva, gli è stato aggiunto il quello del nuovo millesimo. Al quarto anno di questo blend multiannata il mosto si è finalmente deciso a fermentare (ma assaggiando il risultato avrebbe anche potuto farne a meno). La signora mi spiegava con dovizia tutte le pratiche che seguono per il regime biodinamico. Perché in vigna si segue un attento “protocollo” mentre in cantina è la casualità a farla da padrona? Sinceramente non me lo spiego.

EPISODIO 2: una simpatica e giovane produttrice mi spiega che adesso il vino è “così così” ma se lo apri almeno 3 o 4 giorni prima migliora molto (il tutto mentre l’importatore si vantava dell’alta acidità volatile). Un vino francamente improponibile in un ristorante e… da qualsiasi altra parte.

EPISODIO 3: un giovane e fiero produttore sfoggiava una t-shirt con la scritta spero goliardica: “I love brett” (riferendosi al Brettanomyces, un lievito che può infestare le botti alterando i profumi del vino spesso in maniera negativa). Siamo in un paese libero. Ho lasciato che se lo “lovvasse” da solo.

Tirando le somme

Per tirare le somme questo Live Wine per me è un ni. Dopo più di 100 assaggi ho trovato davvero molte cose pregievoli. La tendenza di alcuni produttori a rifugiarsi dietro il metodo di produzione piuttosto che puntare sul risultato (al netto dei “talebanismi” più estremi) l’ho trovata però poco producente. Live Wine comunque è una fiera dall’approccio umano piuttosto forte con la possibilità di addentrarsi in un mondo del quale si parlerà sempre più frequentemente.

 

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Alberto Bracco

WSET 3 in Wine & Spirits, Sommelier FISAR, assaggiatore ONAV , autore per Versanti Mag e bevitore seriale. Nel mondo del vino per lavoro, passione e anche un po' per caso. Seguimi su Instagram o scrivimi una mail

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