Vignaioli che vorresti abbracciare e 7 che invece no al Salon des Vignerons di Cagnes sur Mer.

Dal 28 aprile al 1 maggio, Cagnes sur Mer, ridente paesino della Costa Azzurra tra Nizza e Cannes, ha ospitato la 28ma edizione del Salon des Vignerons. Il salone, articolato su due padiglioni nella struttura dell’ippodromo di Cagnes, offre una panoramica decisamente vasta ospitando 250 produttori, prevalentemente di vino, da tutte le zone della Francia. Il salone è principalmente incentrato sulla vendita e, con soli 8€, si può ottenere l’accesso e il bicchiere (senza tasca). Al mio arrivo, alle ore 11.00 circa, orde di soddisfatti pensionati si apprestavano già a lasciare il salone con carrellini pieni di cartoni di vino. Le hall erano gremite di persone anche se non ho mai avuto la sensazione di essere in mezzo alla calca.
Buona parte dei vignerons presenti applicava un listino di favore per gli acquisti in fiera.

Il fulcro della manifestazione erano loro: i produttori. Come già detto, venivano dalle più svariate zone del paese ed erano molto propensi a parlare di territorio, vitigni e metodi di vinificazione. Era raro trovare qualcuno che, subito dopo aver versato il primo assaggio, non tirasse fuori una cartina della sua zona. Una comunicazione molto efficace e soprattutto volta alla comprensione del prodotto e delle sue origini prima che alla vendita. Il tutto “condito” con una generosa dose di gentilezza e disponibilità in grado di coinvolgere chi assaggia. Non solo un mercato ma un luogo fatto di persone desiderose di mostrare il frutto del loro lavoro.
PREMESSA: mi rendo conto di essere talvolta un “rompicoglioni”; faccio domande, giro sempre con un blocco notes (perchè se non prendo appunti dimentico tutto) e faccio foto alle etichette (per lo stesso motivo per il quale prendo appunti) e tra queste persone stupende, però, ne ho trovate alcune che hanno rappresentato la nota stonata. Mi sono imbattuto in 7 di loro; 7, come le note musicali appunto:

    • IL VENDITORE DA PIAZZA
      Lui sa bene che la gente a una certa ora vaga più o meno indecisa da un banchetto all’altro e sa anche che nella confusione della giungla vince l’animale più autoritario. Quindi il venditore da piazza che fa? Ammicca, ti punta e ti chiama fino a che non cedi e ti avvicini. A quel punto sei alla sua mercé. Sfodera una manciata di bottiglie (quasi tutte uguali) e mentre stai assaggiando ti dice: “ah, quello è buono!” (ma dai?). Alla fine ripete i nomi dei vini con i relativi prezzi rigorosamente al cartone talmente velocemente che ti sembra di stare davanti al mariuolo del gioco delle tre carte.
    • IL VENDITORE FRETTOLOSO
      Ti avvicini chiedendo di assaggiare il suo Châteauneuf-du-Pape e, per tutta risposta, ti viene domandato a bruciapelo quante bottiglie ne vuoi. Veramente volevo assaggiarlo. Risposta laconica: “forse ne apro una bottiglia nel tardo pomeriggio”. Forse…
    • IL DISPERATO
      É consapevole che la zona da cui proviene ha tanto appeal quanto una doccia ghiacciata a dicembre. Ti chiama quasi come il venditore da piazza ma con più garbo. Assaggi un suo Chardonnay ben fatto ma dimenticabile. Dato che gli altri vini che produce sono rossi, procedi con la scusa che sei appena arrivato e stai ancora degustando solo bianchi. Lui ti dice che però dopo ti aspetta lanciandoti uno sguardo da Labrador abbandonato. Ogni volta che passerai nei paraggi ti cercherà con lo stesso sguardo (si ricorda di te dato che è riuscito ad accalappiarne pochi).
    • L’ANNOIATO
      O per meglio dire gli annoiati dato che ce n’erano più di uno. Stanno appoggiati al bancone, ogni tanto sbuffano. Da loro non si ferma nessuno e accettano passivamente la cosa senza trasformarsi nel venditore da piazza o nel disperato. Ho notato con piacere che uno degli annoiati rappresentava una cantina che non mi aveva risposto anni fa alla richiesta di poter visitare l’azienda. Ah, il karma…
    • L’ANSIOSO
      Ti vede con un blocco notes in mano e ti chiede subito per chi scrivi credendo che tu sia un giornalista in incognito al soldo di Robert Parker Jr. Eh, magari caro mio… Mi spiace, sta volta la delusione è per tutti e due. Quando finalmente capisce che appartieni alla specie “homo vulgaris” quell’accenno di terrore misto eccitazione che l’aveva animato si spegne trasformandolo in un mero mescitore.
    • L’ARROGANTE
      Sicuro di sé, sempre. Lui verso il mio blocco note per gli appunti prova una specie di repulsione. Chiede cosa ci scrivo. Rispondo che prendo nota di cosa bevo. Beffardo mi dice: “scrivine bene”. Beh non dipende da me ma dal vino. Dopo avermi visto fotografare l’etichetta della bottiglia, la afferra e si mette in posa asserendo che con lui sarebbe venuta una foto migliore. Non è stato così. A ogni tentativo di parlare del vino glissava perché secondo lui andava appena assaggiato e poi comprato a cassette, ma che dico, a bancali! Peccato che il suo Cornas (Syrah della Valle del Rodano) puzzasse di sudore di svariate bestie.
    • LO SCIOVINISTA
      Segue una coppia di signori francesi alla quale fa assaggiare il suo “nettare” e contemporaneamente una coppia di signori italiani. Mi comunica che a breve sarebbe stato da me. Attendo dando un’occhiata a bottiglie e listini. Nel frattempo, i signori italiani si sono macchiati del grave peccato di aver assaggiato diverse tipologie senza acquistare. A quel punto il nostro si gira scuotendo la testa verso i suoi compatrioti e inizia un discorso con “ah, les italiens…” proseguendo poi nel descrivere minuziosamente gli italiani come specie da lui poco amata in grado di fargli perdere tempo e pazienza. Non volendo smentire le sue teorie, gli ho fatto perdere un po’ di tempo e me ne sono andato. Ah, come nel caso dell’ARROGANTE, i vini, questa volta del bordolese, avevano diverse puzze (un po’ meno di quelli del collega del Rodano però).

A controbilanciare questi sette individui, devo dire di aver trovato alcuni produttori decisamente sopra la media come:

  • André Robert (Champagne): una selezione notevole di Champagne tra i quali ho preferito il suo Les Jiardins du Mesnil, un 100% Chardonnay Extra Brut di grande impatto e potenza. Affinamento in barrique e niente malolattica. In bocca si allarga bene ed è di grande presenza per poi uscire con un’acidità tagliente e tutta l’eleganza di Mesnil sur Oger.
  • Salmon (Champagne): oltre al base di gamma di buona fattura si distinguono il Millésime 2012 e il Prestige. Quest’ultimo, ottenuto da 50% Chardonnay 25% Meunier e 25% Pinot Noir affinato in barrique, mostra tutta la sua complessità (pur rimanendo estremamente elegante) in bocca per poi aprire a note minerali e quasi saline.
  • Lamiable (Champagne): Un’offerta qualitativamente molto omogenea anche se il Grand Cru alza l’asticella rispetto al Premier Cru per venire a sua volta superato dal Millésime 2009 ricco, quasi opulento con note di frutta secca, una leggera ossidazione ben integrata e un lungo finale minerale.
  • Bannwarth (Alsace): ho voluto provare la linea che loro chiamano tradizionale. Vini molto precisi e ben fatti a partire dall’Edelzwicker (generalmente ritenuto piuttosto semplice e ottenuto dal blend di diversi vitigni). Il Gewurztraminer 2015 è veramente sorprendente con generose note di frutta esotica e litchi che al palato lasciano spazio a un’inaspettata salinità.
  • Domaine de Maltaverne (Loire): il Pouilly-Fumé Nuit Blanche 2016 parte con un abbondanza di frutta a polpa gialla matura rifinita da una leggerissima sensazione erbacea, si amplia in bocca, per poi riportarci con i piedi per terra grazie a un’acidità affilata come una lama.
  • Duchesse de Magenta (Bourgogne): tanta coerenza in un’offerta veramente ben strutturata che parte da un Pinot Noir decisamente economico ma molto piacevole per arrivare a un Chassagne-Montrachet al quale però ho preferito il Puligny-Montrachet 2016 che, se pur non pronto, dimostra già un ampiezza degli aromi notevole con una nota boisé non ancora perfettamente integrata.
  • Domaine François Buffet (Bourgogne): qui stranamente mi hanno rapito dei Pinot Noir ancora giovanissimi come il Volnay 2016 dominato da un animo di frutta rossa e mora e il Pommard 2016 che giocava su note di terra e champignon.
  • Château La Brie (Bergerac): il Monbazillac Plenitude è stato forse il vino che più mi ha colpito della giornata. Ricco con note candite, frutta confit, fichi, frutta secca, zafferano… il tutto riportato splendidamente in equilibrio da una stupenda acidità.

Ecco, questi vigneron, se non avessi temuto di essere preso per un mitomane alticcio, li avrei abbracciati uno ad uno.

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Alberto Bracco

WSET 3 in Wine & Spirits, Sommelier FISAR, assaggiatore ONAV , autore per Versanti Mag e bevitore seriale. Nel mondo del vino per lavoro, passione e anche un po' per caso. Seguimi su Instagram o scrivimi una mail

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