Quando il consulente è un cane i vini non puzzano

Uno come me, che di cognome fa Bracco, non poteva restare insensibile a una notizia del genere.
Dopo che il loro fiuto è stato impiegato per anni per trovare dispersi su impervie montagne, dispensare terrore tra i trafficanti di droga negli aeroporti e fare la fortuna dei cercatori di tartufi nelle nostre campagne, qualcuno ha pensato di avvalersi dell’aiuto dei cani per scongiurare il tremendo “odore (e gusto) di tappo”.
Quel qualcuno è TN Cooper, una compagnia internazionale con sede in Cile che produce botti per l’affinamento. Durante la stagionatura dei legni si possono creare dei composti che, una volta a contatto con il vino, cedono gusti e odori tutt’altro che piacevoli. Non è solo il tappo a fare da vettore a sgradevoli sentori, ma anche il legno in cui il vino affina.
I “nemici” a cui dare la caccia sono molteplici, hanno nomi complessi come 2,4,6-tricloroanisolo (TCA) e 2,4,6-tribromoanisal (TBA) e conferiscono quelle sensazioni che identifichiamo come “tappo” o “muffa”. La TN Cooper ha addestrato per 2 anni 4 cani in grado di riconoscere i legni intaccati da questi difetti e ha intenzione di portare i quadrupedi in Napa Valley (California) presso le aziende dei clienti del gruppo e far così analizzare le botti precedentemente prodotte.
Di certo si tratta di un utilizzo tanto “semplice” quanto efficace che potrebbe aprire nuove strade e ridurre di molto i costi di analisi.
Dopo aver visto fare e dire molte bestialità da personale di sala, non molto preparato, di alcuni ristoranti che sia la volta dei cani sommelier? Nel caso, prepariamoci ad un aumento di lamentele riguardanti i peli nel piatto.

 

Fonti: Terroirist, The Drink Business

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Alberto Bracco

WSET 3 in Wine & Spirits, Sommelier FISAR, assaggiatore ONAV , autore per Versanti Mag e bevitore seriale. Nel mondo del vino per lavoro, passione e anche un po' per caso. Seguimi su Instagram o scrivimi una mail

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