Académie du Champagne 2019: le scelte dello Chef de cave

Per il terzo anno consecutivo la sede italiana del Bureau du Champagne ha organizzato a Milano l’Académie du Champagne: uno dei più importanti eventi formativi sullo Champagne in Italia.
Come di consuetudine l’evento si è tenuto in una delle sale del prestigioso Hotel Principe di Savoia in Piazza della Repubblica. Tre masterclass con altrettanti temi e un unico filo conduttore: le scelte dello Chef de cave. A condurre sono stati chiamati due Ambasciatori dello Champagne per l’Italia e un enologo dei servizi tecnici del Comité Champagne.  Gli interventi sono stati inframezzati dalla degustazione tecnica di 14 cuvée.

 

Chi è il Bureau du Champagne?

Il Bureau du Champagne è la rappresentanza ufficiale del Comité Champagne, l’organo che rappresenta e riunisce le Maison di Champagne e i Vignerons. I Bureau du Champagne nel mondo, al momento, sono 14 e si trovano in: Germania, Australia, Austria, Belgio, Cina, Stati Uniti, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito. Il loro compito principale è quello di organizzare gli eventi formativi (come ad esempio proprio l’Academie du Champagne) e promuovere lo Champagne nel mondo.

 

Chi è lo Chef de cave?

Lo Chef de cave, o maestro di cantina, è una figura cruciale. È lui a dover prendere le decisioni più importanti come disporre dei vini di riserva, fare o meno svolgere la malolattica, calibrare i dosaggi, decidere le cuvée etc… Soprattutto, detiene i segreti del gusto della Maison ovvero la capacità di riprodurre e riproporre Champagne fatti con vini di diverse annate che hanno tutti lo stesso filo conduttore e possono quindi essere riconosciuti come quell’esatto vino di quell’esatto produttore. A volte si tratta di vere star nella Champagne come nel caso del famosissimo Richard Geoffroy (al quale nel 2018 è succeduto Vincent Chaperon) che ha ricoperto la carica di Chef de cave in una Maison prestigiosa come Dom Pérignon per 30 anni. Certo, nel caso delle grandi Maison, il management ha sempre un ruolo “pesante” sulle scelte stilistiche della linea di Champagne che andrà sul mercato ma lo Chef de cave rimane comunque una figura cruciale.

L’Académie du Champagne e il nuovo MOOC

L’Académie du Champagne, oltre ad essere un grande momento di formazione, ha fatto anche da “rampa di lancio” al nuovo MOOC (un corso composto da diverse video-lezioni) sollo Champagne dedicato a professionisti e appassionati che partirà a breve e del quale scriverò presto.

 

Le Masterclass dell’Académie du Champagne 2019

Masterclass 1: I vini di riserva

Relatrice: Claudia Nicoli, Ambasciatrice dello Champagne per l’Italia 2006

Claudia Nicoli pone subito l’accento sulla differenza tra vin de réserve e la réserve. Nel primo caso si tratta di vini di annate precedenti conservati in cantina e utilizzati nelle cuvée per il loro apporto qualitativo e per ricreare lo stile gustativo che caratterizza un dato champagne. La réserve, invece, è una certa quantità di vino messa da parte in annate abbondanti e autorizzata dal CIVC (l’organo regolatore in Champagne) che può essere usata successivamente per dare un apporto quantitativo (magari in annate più scarse). Per quanto riguarda la réserve, non può essere mai rivendicato il millesimo. Molto interessante l’accento sulle 3 dimensioni dell’assemblaggio (o cuvée) su cui può operare lo Chef de cave, ovvero: i vitigni (quindi la selezione di quale varietà utilizzare), i crus (le diverse parcelle di terreno che donano determinate caratteristiche all’uva) e le annate (quindi la possibilità di comporre l’assemblaggio utilizzando il vin de réserve).

Le degustazioni:
  1. POL ROGER Brut Réserve
    25% di vin de réserve per una cuvée dai sentori tostati e di legno accompagnati da mela cotogna, burro e un accenno balsamico. In bocca la mousse è fine e le note sapide, minerali e citrine fanno da contraltare a una brioche appena sfornata.
  2. PAUL LOUIS MARTIN Blanc de Noir
    Per questa cuvée non sono stati usati vins de réserve e, anche se il millesimo non viene rivendicato in etichetta, si tratta dell’annata 2014. Un Pinot Noir dal Cru di Bouzy fresco, e dinamico domato da frutti rossi croccanti. Un equilibrato connubio tra acidità e potenza. Buon finale con note di ciliegia.
  3. VEUVE CLIQUOT Extra Brut Extra Old
    Ottenuto da soli vini di riserva. Parte un po’ timido per poi aprirsi con note burrose di croissant e piccola pasticceria. Sapido e minerale con piacevoli accenni di frutta candita e zenzero. Mousse avvolgente ma grande verticalità.
  4. PERRIER-JOUËT Blason Rosé
    Fino al 20% di vin de réserve. Uno Champagne immediato dove spiccano canditi, piccoli frutti rossi, ciliegia e ribes. Ampio sacrificando un po’ la lunghezza.

Masterclass 2: La fermentazione malolattica

Relatore: Benoît Villedey, enologo dei servizi tecnici del Comité Champagne

Benoît Villedey ci fa riflettere su come la decisione di far svolgere al vino base la malolattica, quindi diminuirne l’acidità totale perdendo una parte degli aromi freschi fruttati e floreali in favore di una maggiore morbidezza, non sia una scelta squisitamente di cantina ma parta dal vigneto. La conversione malolattica (o fermentazione malolattica) avviene in certe condizioni (presenza di batteri lattici che con l’aumento della temperatura trasformano l’acido malico tendenzialmente più aggressivo in acido lattico) e in presenza di buone quantità di acido malico. Dato che nel grappolo l’acido malico degrada man mano che la maturazione avanza,  lo Chef de cave, in collaborazione con gli agronomi, dovrà decidere l’epoca vendemmiale in base alla sua volontà o meno di far svolgere la malolattica. Ci viene mostrato un’interessante ricerca interna del Comitè Champagne che, analizzando le cuvée dei differenti produttori, ha rilevato che sul mercato:

  • 85% circa hanno svolto la malolattica
  • 12% circa hanno svolto una malolattica parziale (o sono frutto di assemblaggi di diversi vini con e senza la malolattica svolta)
  • 3% circa non hanno svolto la malolattica
Le degustazioni:
  1. TAITTINGER Millésimé 2013
    Un’annata particolare la 2013 per la maison di Reims che in questo caso vede per l’ultima volta lo chef de cave Loïc Dupont al lavoro assieme al suo successore Alexandre Ponnavoy. Un millesimato a quattro mani dove la malolattica viene svolta completamente. Un’esplosione di frutti bianchi e bouquet floreali. In bocca è decisamente ampio con sentori di pasticceria.
  2. COLLARD PICARD Cuvée Prestige
    Niente malolattica e affinamento in legno. Ci viene comunicato quanto questa scelta possa essere rischiosa dato che nelle botti potrebbe annidarsi qualche batterio in grado indurre la fermentazione malolattica. Ricco, minerale e intenso con una certa opulenza che lascia spazio nel finale a un’acidità marcata.
  3. LANSON Gold Label 2008
    Niente malolattica e 15 mesi di affinamento in botte di legno. Uno champagne aperto con sentori di pasta di mandorle, caramello e pan-brioche. Il tutto tenuto in riga da un’acidità tenace.
  4. DUVAL-LEROY Femme de Champagne Grand Cru
    Malolattica lunga, lasciata compiere spontaneamente e senza controllo della temperatura. Lungo affinamento: 15 anni tra botte di legno e bottiglia. Al naso ci accoglie subito una nota ossidativa marcata seguita da frutta confit e caramello. In bocca si rivela molto lungo.

Masterclass 3: Il dosaggio

Relatore: Nicola Roni, Ambasciatore dello Champagne per l’Italia 2007

Nicola Roni, oltre a illustrare la tecnica del dosaggio (che consiste nell’addizione solitamente di zucchero di canna disciolto nel vino nella bottiglia appena dopo la sboccatura), ripercorre la storia dello stesso sottolineando come il gusto e lo stile dello Champagne sia cambiato nel tempo. Fino al 1830, il dosaggio aveva una funzione “coprente” dato che le uve in Champagne con il clima del tempo raramente arrivavano a maturazione e le acidità erano decisamente elevate. Non era raro trovare cuvée con anche 200 g/l di zucchero fino ad arrivare a 300 g/l per le bottiglie vendute sul mercato russo. Tenete presente che l’Asti DOCG dolce ha circa 150 g/l di zucchero. Il Brut (quindi fino a massimo 12 g/l di zucchero) arriva solo nel 1950. Ad oggi, nel mercato italiano, circa il 95% degli Champagne venduti sono Brut.

Le degustazioni:
  1. LAURENT PERRIER Blanc de Blancs
    Niente dosaggio: 0 g/l di zucchero. Naso prorompente e marcatamente floreale. In bocca un ingresso citrino preannuncia un’alta acidità. Buona mousse e accenni minerali per uno champagne teso con finale salino.
  2. A. BERGÈRE Cuvée Vigne de Nuits
    Ricco al naso, denuncia tutto il suo essere squisitamente Chardonnay mentre in bocca è dinamico ma ben composto con un finale leggermente amarognolo che lascia però la bocca estremamente pulita.
  3. VIEILLE FRANCE Blanc de Blancs
    Dai 7 ai 10 g/l di dosaggio. Naso leggermente appannato, in bocca si presenta largo, cremoso e ricco con note di frutta secca. Non lunghissimo ma ben rifinito.
  4. MOËT & CHANDON Grand Vintage Rosé 2012
    Al naso è un po’ vinoso per poi aprirsi su frutti rossi maturi. Ricco in bocca con accenni minerali e sapidi e un amaro marcato sul finale.
  5. DEUTZ Amour de Deutz 2009
    8 g/l di dosaggio. L’amour de Deutz è una delle cuvée de prestige di Deutz e fa sfoggio di un naso precisissimo definito da accenni floreali e di lime. Note iodate per uno Champagne ricco ma lineare con frutti bianchi e un sentore che ricorda la cola. Il tutto ben guidato da una piacevole e bilanciata acidità.
  6. POMMERY Grand Cru Royal Millésimé 2008
    Una vera sorpresa per me. Mi ricordavo questa cuvée (non dello stesso millesimo) davvero diversa e molto più “piaciona”. Pulito, elegante, teso, sapido e lungo.
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Alberto Bracco

WSET 3 in Wine & Spirits, Sommelier FISAR, assaggiatore ONAV , autore per Versanti Mag e bevitore seriale. Nel mondo del vino per lavoro, passione e anche un po' per caso. Seguimi su Instagram o scrivimi una mail

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